Il sacello di Santa Felicita e la Madonna del Buon Consiglio

MONUMENTO DI FEDE

La Valle, pur abbandonata, conservò sempre dei segni di fede come un'antica immagine della madonna, una croce, un capitello. Questi ultimi, dei secoli XVIII-XIX, sorsero però come garanzia contro i fantasmi, prevenzione contro i temporali ed altre calamità naturali.

Il capitello prima del 1815

Anche la mappa dei beni del 1690, fatta eseguire dal card. Giorgio Cornaro al perito pubblico Antonio Bettolla detto Bergamo, ha permesso di chiarire alcuni dubbi e di ubicare esattamente il convento. Nella mappa è riportato il disegno di un «capitello nella valle di Santa Fidà di ragione delli comuni Roman e Semonzo» , sito in un terreno detto «Commun Val di Santa Felicita», il tutto a monte del monastero. Il capitello è veramente il documento nuovo, sconosciuto, tanto che potrebbe essere quel presunto resto di monastero portato via dalle acque. Il Campagnaro narra di una strana processione, in data 19 agosto 1723. «Il popolo di Godego , con molti religiosi ed un padre di S. Francesco degli Osservanti, vennero processionalmente in questa chiesa per portarsi nella Valle di Santa Felicita per far esorcismi e benedire questo loco ove fu posta una croce da alcuni anni per li tetri effetti, cioè dubitando che di là si possi nascer certo foco» che bruciava i casoni di paglia a Rossano prima, poi a Godego, Ramon ed altri paesi. Nel 1723 si riferisce dunque solo della presenza di una croce posta alcuni anni prima. «Li tetri effetti» dovrebbero significare la distruzione del capitello o il fenomeno dei fuochi fatui; oppure tutti e due. Il discorso potrebbe venire chiarito in seguito con nuovi documenti per ora si presume che nel 1723 il capitello non esistesse più: non appare. neppure nella mappa del 1718. A riparo del monastero è stato costruito invece, un murazzo consistente, per costringere il letto del Santa Felicita entro un percorso ben definito, nel tratto a valle dell 'attuale sacello.

La costruzione del 1815

capitello valle santa felicita
Il Dal Sasso, già cappellano a Romano dalla primavera del 1782, ci ha tramandato la cronaca della origine del capitello con questa descrizione:

«Travagliati per diversi anni da tempeste, da folgori, da inondazioni d'acqua che portavano rovine, desolazioni alle campagne di questo paese, nonché agli altri circonvicini, sortendo il maltempo per lo più dalla valle Santa Felicita e scaricava qua e là precipizi, strage né prodotti.
A solo soggetto pertanto di preservazione e di religione, i due parrochi di Semonzo e Romano, coll'intervento dei loro rispettivi fabbricieri, stabilirono di erigere un capitello in quella valle ad onore della Beata Vergine Maria del Buon Consiglio.
Nel giorno dunque di San Marco 1815, Semonzo si obbligò con voto, di visitarlo in quel dì per 10 anni continui. Romano poi vi si unì senza obbligo, a titolo di sola devozione, come raccogliesi nell'iscrizione colà fatta, e a supplire alla metà delle spese.
Fatto pertanto il disegno dal sig. Giovanni Zardo d. Fantolin di Crespano, Stefano Marcadella di Pove artefice cominciò nell'anno stesso ad eseguirlo. Fu eretto in mezzo alla Valle, sull'immediato confine d'ambo i comuni, sopra un gran sasso. Il disegno e la manifattura è di pura pietra lavorata di buon gusto, e sebbene assai costoso, fu supplita dalla sola carità dei fedeli.
Terminata l'opera in giugno 1816, il sig. Antonio Rossi fu Giuseppe di Vicenza ne fece le pitture con universale soddisfazione per il prezzo di lire venete 500, senza le spese condotte e ricondotte, che fu tutto a spese delle due comunità, restando a carico del pittore i soli colori.
Ecco le pitture:
Nell'interno in alto dipinse Maria Vergine titolata del Buon Consiglio, nel cielo l'Eterno Padre. Ai piedi di Maria Vergine, in atto di preghiera la vergine Santa Felicita. All'oriente San Severo vescovo in atteggiamento supplichevole, San Valentino martire, San Bovo cavaliere.
All'occidente San Antonio Abate che supplica, San Ubaldo vescovo e San Lorenzo martire. Negli intercolonni esterni, alla mattina, il B. Gregorio Barbarigo in atto di sostenere disgrazie e alcuni lavoratori per quelle montagne. Alla sera San Romano antico monaco benedettino penitente. Al settentrione la Vergine Santa Eurosia regina che difende dai fulmini. Tutti questi santi avvocati saranno ai divoti, massime nei pressanti bisogni. Chi poi li visiterà, ben disposto goderà di indulgenza di 40 giorni...
Finita la pittura, nella domenica seconda di luglio, 14 del mese, fu fatta solennemente la benedizione, per cui dopo pranzo vi concorsero processionalrnente i due comuni con numerosissimo popolo divoto ed altri forestieri da ogni parte, calcolati circa quattro mila persone che sembravano un gran spettacolo. Colà dunque raccolti...si cantò il Te Deum.
»

Il Sacello

capitello sacello valle santa felicita
Il Pesce, quasi testimonio oculare, così racconta della trasformazione del capitello in sacello: «La sua forma era circolare e tutto in pietra viva, ma corroso dal tempo, e ormai cadente, venne dopo l'ultima guerra ristaurato, ingrandito e nel 9 luglio 1922, solennemente inaugurato, presente una moltitudine di popolo delle due frazioni, accorsero a ringraziare, prono ai suoi piedi, la cara Madonnina del Buon Consiglio, che nel turbinoso periodo 1917-1918 protesse la valle».
Romano e Semonzo infatti furono salvati dal profugato ordinato in occasione di un probabile pericolo imminente per la guerra sul Grappa. L'ordine non fu eseguito.
Il Sacello divenne importante meta di pellegrinaggi anche durante la seconda guerra mondiale, accendendo maggiormente la devozione verso la Madonna del Buon Consiglio.


DINANZI ALLA CAPPELLA DELLA
MADONNA DEL BUON CONSIGLIO
IN VALLE SANTA FELICITA


Da questo scoglio, che torreggia immolo
nel brullo del torrente arido letto,
ove la Fé di secolo remoto
pose il solingo, candido tempietto,
Odi, o gran Donna, il cantico devoto,
che a Te leviamo dall'acceso petto
e de' giovani cuori adempi il voto
fidenti appen nel Tuo materno affetto.
Come questo inconcusso, altero scoglio,
su cui prostrati T'adoriam,
del flutto tempestoso in april spezza l'orgoglio
Fa' che salda la Fede in noi resista:
e qual miriam questo torrente asciutto,
l'error dilegui ch'oggi il mondo attrista.

GIACOMO ZANELLA (1876)